Sul rapporto tra azione di annullamento e azione risarcitoria alla luce del codice del processo amministrativo. (nota d

  • 05-06-2011
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Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n.3/2011

Sul rapporto tra azione di annullamento e azione risarcitoria alla luce del codice del processo amministrativo. (nota di Vincenzo Boncristiano).

 

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n.3/2011

Massima: è ammessa la domanda di risarcimento del danno in via autonoma dall'impugnazione del provvedimento illegittimo, ritenuto lesivo. Tuttavia, ai sensi dell'art.30 comma 3 del D.lgs n.104 del 2010, l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento costituisce, nel quadro del comportamento complessivo, dato valutabile, alla stregua dei principi di buona fede e solidarietà, sanciti dall'art.1175 del codice civile, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza. Ne consegue la rilevanza sostanziale, sul piano causale, dell'omessa o tardiva impugnazione come circostanza che preclude la risarcibilità di danni presumibilmente evitabili ove l'interessato abbia fatto ricorso allo strumento di tutela specifica predisposto dall'ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.

Il quadro degli orientamenti a confronto.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato delimita la questione sottoposta alla sua attenzione: si tratta di fissare i rapporti tra domanda di annullamento e domanda risarcitoria con riguardo ad una fattispecie nella quale è stato richiesto il ristoro dei danni subiti da un provvedimento di sospensione dalle gare non impugnato nel termine decadenziale.

Procedendo con ordine, non si può non prendere le mosse dalla storica sentenza delle Sezioni Unite n.500/99 che ha riconosciuto la risarcibilità degli interessi legittimi, e dalle in equivoche parole del legislatore il quale ha sottolineato come la tutela risarcitoria richiesta al giudice amministrativo si atteggia a "strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio"( cfr art. 7 comma 3 L.1034/1971: il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali)

Né e sorto un dibattito complesso che ha impegnato giurisprudenza e dottrina sulle regole processuali e sostanziali della tutela risarcitoria degli interessi legittimi, all'interno del quale si possono riassumere due orientamenti prevalenti

1) A favore della tesi dell'autonomia della tutela risarcitoria rispetto a quella demolitoria, concorrono ragioni di effettività e concentrazione delle tutele offerte al cittadino, sottese all'art.111 Cost. In tale prospettiva, limitare la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativa all'ipotesi della previa impugnazione dell'atto amministrativo violato, significherebbe sottovalutare il rilievo che in ordine all'an della tutela risarcitoria non vi può essere alcuna differenza tra diritti soggettivi ed interessi legittimi (Cass. 500/99), e nel contempo significherebbe non valorizzare la disposizione letterale dell' art. 7 comma 3 L.6 dicembre 1971 n.1034 citato, cosi come modificato dall'art.7 legge 204/2000 n.205, siccome intesa a configurare la pienezza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine agli interessi legittimi.

Pertanto, citando le parole della Suprema Corte nella nota ordinanza n.13659/2006 (cfr anche 13560/2006 e 30254/2008, 19048/2010, 23595/2010 e 405/2011), ammettere la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dell'atto illegittimo e dannoso, anziché dal solo accertamento della sua illegittimità, avrebbe l'effetto restringere la tutela che spetta al privato di fronte alla pubblica amministrazione ed assoggettare il suo diritto al risarcimento del danno, anziché alla regola generale della prescrizione, ad una Verwirkung amministrativa, tutta italiana, contrastante con la stessa natura dell'azione di risarcimento del danno, che non è ontologicamente azione di annullamento dell'atto, bensì azione di accertamento della illiceità della situazione determinata dalla sua adozione ed esecuzione, accertamento che esaurisce la sua rilevanza nel rapporto tra soggetto leso e pubblica amministrazione". Conseguentemente il rifiuto del Giudice amministrativo di risarcire il danno motivato dalla mancanza del previo giudizio demolitorio è sindacabile attraverso il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione. II giudice amministrativo avrà infatti rifiutato di esercitare una giurisdizione che gli appartiene.

 

2) Di contrario avviso si era mostrato il Consiglio di Stato, la cui adunanza Plenaria del 22 ottobre 2007 ha ribadito expressis verbis la tesi della pregiudizialità, fondandola sulla struttura del processo amministrativo e sulla tutela in esso accordata, dove, in armonia con gli artt.103 e 113 comma 3 Cost. sia nella giurisdizione di legittimità, che in quella esclusiva, viene in considerazione in via primaria la tutela demolitoria, e solo in via consequenziale ed eventuale, quella risarcitoria, come desunto dall'art. 35 commi 1, 4 e 5 d.lgs.n.80 del 1998. Inoltre, la necessità di impugnare l'atto lesivo viene fatta discendere dalla presunzione di legittimità dell'atto amministrativo e dalla connessa efficacia ed esecutorietà che si consolida in caso di omessa impugnazione o di annullamento d'ufficio (v.legge n.15 del 11 febbraio 2005).

Il codice del processo amministrativo e la decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. N.3/2011): la rilevanza sostanziale dell'omessa impugnazione dell'atto lesivo

E' destinata ad incidere in tale dibattito, qui sinteticamente delineato, la disciplina di cui all'art. 30 del codice del processo amministrativo, il quale ha previsto che l'azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma (comma 1) entro il termine di 120 giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (art. 30 comma 3 primo periodo).

Tale previsione è da leggere in combinato disposto con il comma 4 dell'art.7 il cui inciso finale prevede la possibilità che le domande risarcitorie aventi ad oggetto il danno da lesione di interessi legittimi e di altri diritti patrimoniali consequenziali siano introdotte in via autonoma. Alla luce di tale normativa, si riconosce l'autonomia in punto di rito dell'azione risarcitoria rispetto all'azione di annullamento. Tale riconoscimento risponde, per usare le parole del Consiglio di Stato, in ossequio sostanziale al primo degli orientamenti sopra menzionati, alla piena attuazione dei principi costituzionali e comunitari di effettività della tutala giurisdizionale, richiamati dall'art. 1 del codice del processo amministrativo, e piu' propriamente si inserisce nell'ottica dell'ampliamento e consolidamento delle tecniche di tutela dell'interesse legittimo, espressamente sancite dal codice del processo amministrativo: a tal riguardo si consideri, oltre alla tutela risarcitoria e reintegratoria di cui all'art. 30, la tutela dichiarativa ex art.31 comma 4, e nel rito in materia di silenzio-inadempimento, l'azione di condanna pubblicistica (c.d. azione di esatto adempimento) all'adozione del provvedimento, anche previo accertamento, nei casi consentiti, della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio (art.31, commi da 1 a 3)

Autonomia processuale confermata, a contrario, se si considera che, laddove il legislatore ha voluto sancire la contestualità dell'azione di condanna rispetto ad altra azione, l'ha previsto espressamente (cfr. casi di giurisdizione esclusiva di cui all'inciso iniziale dell'art.31 comma 1) con la conseguenza che invece la domanda risarcitoria è proponibile in via autonoma rispetto al rimedio caducatorio.

Tuttavia, se sul piano del rito, vi è l'affrancamento del modello risarcitorio dalla logica dell'ancillarietà e sussidiarietà rispetto al paradigma caducatorio, per i Giudici di Palazzo Spada, l'omessa impugnazione dell'atto amministrativo- fonte di danno risarcibile- è da collocare nella prospettiva sostanziale e di merito di limitare e/o escludere il risarcimento, qualora, sulla base di un giudizio causale di tipo ipotetico, i danni sarebbero stati elisi o attenuati, in caso di tempestiva reazione processuale (domanda caducatoria dell'atto) nei confronti del provvedimento potenzialmente dannoso. Il riferimento normativo di tale conclusione è proprio individuabile nell'art. 30 comma 3 del codice citato che dispone al secondo periodo: il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti", richiamando implicitamente gli obblighi di buona fede e correttezza di cui agli art.1175 e 1227 comma 2 c.c. E' evidente l'applicazione in subiecta materia- e in tale sede si può solo accennare- del principio del divieto dell'abuso del diritto, configurabile allorchè l'omessa domanda di annullamento, valutata congiuntamente alla successiva proposizione del rimedio risarcitorio di un danno, che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rappresenti con tutta evidenza un comportamento complessivo di tipo opportunistico, violativo del quindi del principio di autoresponsabilità di cui all'art.1227 comma 2 c.c. Quest'ultima disposizione impone, in adesione all'interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata - cfr art. 2 Cost- del canone di buona fede e correttezza di cui all'art.1175 c.c.,un obbligo positivo di tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili, e possibili, rivolte ad evitare un danno.

D'altra parte, ulteriore conferma che le condotte negligenti, eziologicamente determinanti del danno, sono apprezzabili dal punto di vista sostanziale è data anche dall'art. 124 comma 2 del codice del processo amministrativo, il quale sancisce che "la condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto domanda di cui al comma 1 (domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto) o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto è valutata dal Giudice ai sensi dell'art.1227 c.c.".

Si possono citare ad adiuvandum gli arresti della giurisprudenza comunitaria la quale nega nel merito la risarcibilità dei danni che sarebbero stati evitati con l'impugnazione (ex plurimis Corte Giustizia 28 aprile 1971 in causa C-4/69, Lutticke; Corte Giust.17 maggio 1990 in causa C-87/89, Sonito).

Alla luce di tali deduzioni, conclusivamente, l'omessa impugnazione dell'atto amministrativo non determina l'inammissibilità della domanda risarcitoria, stante la sua autonomia rispetto alla tutela di annullamento, ma conduce al rigetto nel merito della stessa, - o alla limitazione nel quantum dei danni risarcibili- qualora la mancata attivazione dei rimedio caducatorio è eziologicamente produttiva del danno.

In tale ottica, l'arresto dell'Adunanza Plenaria delinea un' ulteriore ed ennesima conferma della trasformazione del giudizio amministrativo, da giudizio amministrativo sull'atto, teso a vagliarne la legittimità alla stregua dei vizi denunciati in sede del ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a giudizio sul rapporto, regolato dal medesimo atto, volto a scrutinarne la fondatezza della pretesa sostanziale azionata- quanto meno ove non si frapponga l'ostacolo dato dalla non sostituibilità dell'attività discrezionale della pubblica amministrazione.

Testo della sentenza in

http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/AP.htm