Stupefacenti, uso di gruppo: nuovo duello interpretativo

  • 26-10-2011
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Cassazione penale , sez. III, sentenza 07.07.2011 n° 2669

Un nuovo duello interpretativo contrassegna l'applicazione dell'art. 73 co. 1 dpr 309/90, in relazione alla scriminante dell'uso di gruppo.

La Suprema Corte (Sez. VI) con la sentenza 26 gennaio - 2 marzo 2011, n. 8366, aveva affrontato il tema offrendo una convincente soluzione in punto di diritto (v. il testo della sentenza).

Con la richiamata pronunzia, infatti, veniva superata un'interpretazione giurisprudenziale che si arroccava attorno ad un fulcro puramente semantico, il quale veniva fornito dalla valorizzazione dell'avverbio "esclusivamente" (collegato alla condotta d'uso personale) e, in pari tempo, da una sua interpretazione oltre modo restrittiva.

La Sesta Sezione della Corte, così, veniva a privilegiare il profilo sostanziale e, al contempo, individuava il corretto valore - filologico e giuridico - che il citato avverbio deve assumere nel contesto strutturale della norma.

Il ragionamento sviluppato dalla Sesta Sezione era guidato da una valutazione di ovvietà ed inutilità sul piano squisitamente semantico, dell'avverbio in parola.

Ci si domandava, (come d'altronde, ci si deve domandare tuttora), a quale funzione avrebbe dovuto assolvere l'avverbio esclusivamente (introdotto con la L. 49/2006), posto che la locuzione "uso personale" pare, già di per sé sola, essere sufficiente a circoscrivere l'orizzonte di destinazione della sostanza stupefacente.

La sentenza della Corte, dunque, permetteva di sostenere che l'avverbio rafforzativo "esclusivamente" apparisse null'altro che un inserimento novativo- lessicale del tutto inutile, perchè, così operando, il legislatore avrebbe introdotto un concetto assolutamente pleonastico, che viene definito testualmente "un'aggiunta ridondante e superflua", che nulla muta in relazione alla condotta di uso personale..

Non si comprende, infatti, quale differenza sostanziale, comportante riflessi giuridici, emergerebbe come percepibile nella comparazione fra i concetti di "uso personale" e di "uso esclusivamente personale".

Ma vi è di più.

Nella prospettazione della Sesta Sezione, emergeva che il concetto di uso personale (anche volendo conferire una qualche valenza di rilevanza all'accezione di esclusività) non pareva affatto incompatibile con quello di uso di gruppo, proprio perchè il concetto di uso personale non implica in sé un significato finalizzato ad indicare solamente l'utilizzo del singolo.

Si deve, infatti, osservare sul che la perifrasi "uso di gruppo", infatti, non è chiamata necessariamente a definire le modalità di assunzione, anzi, nella quotidiana esperienza forense, essa fotografa una fase ben anteriore a quella finale.

La causa di giustificazione in questione, attiene, pertanto, esclusivamente alla vera e propria ratio dell'azione acquisitiva, che coinvolge, al contempo, più persone, rendendole non punibili.

La circostanza che poi, una volta entrato ciascuno in possesso del quantitativo di sostanza di competenza, si verifichi un uso contestuale (all'unisono) da parte di tutti gli acquirenti dello stupefacente, costituisce mera presunzione (quasi un auspicio).

La Terza Sezione Penale, con la sentenza 7 luglio 2011, n. 26697, invece, oltre ad affermare che nella fattispecie la Corte di Appello di Bologna, quale giudice di secondo grado, aveva escluso in modo "immune da vizi logici" la ravvisabilità di una situazione di uso di gruppo, assume una posizione di assoluto contrasto rispetto all'indirizzo assunto recentemente dalla Sesta Sezione Penale, ingenerando, così, un indubbia confusione sul piano interpretativo.

La sentenza, infatti, si sviluppa su due profili che paiono antitetici.

In primis, essa esprime univocamente la ratio dell'orientamento negativo.

Essa si rinverrebbe nella struttura della norma, vale a dire nella plastica, rigida e formale esegesi del dato letterale e testuale.

Facendo un notevole ed incomprensibile passo indietro, quindi, verrebbe a riacquisire valore determinante, l'uso dell'avverbio "esclusivamente".

Se è indubbio, come sostengono i giudici di legittimità, che tale espressione risulterebbe segno di "discontinuità lessicale e logica rispetto al passato", è altrettanto vero che tale jus novorum introduce un requisito fattualmente e giuridicamente inutile.

In secundis, però, la sentenza in commento, pur dichiaratamente orientata ad escludere la valenza esimente dell'uso di gruppo, si sofferma, analiticamente, su quelli che dovrebbero essere i canoni per ritenere configurabile l'uso di gruppo.

E' questo un passaggio piuttosto oscuro e di difficile comprensione nell'ottica della posizione negatoria assunta che non parrebbe necessitato dalla posizione giurisprudenziale negativa assunta, che palesa una tangibile contraddizione.

Esso alimenta, quindi, i già concreti dubbi, che opposte pronunzie hanno fatto insorgere in materia.

Se, dunque, già la decisione n. 8366/2011, della Sesta Sezione aveva segnato un momento di rottura di schemi interpretativi vigenti ed aveva indotto a ritenere la necessità di un confronto reale fra le opposte tesi, questa ulteriore digressione rende non più dilazionabile un intervento di armonizzazione.

Uno dei criteri informativi il giudizio è, infatti, quello di superare i vuoti aforismi fondati su esegesi di carattere puramente formale, che non possono e non devono essere privilegiati a scapito di valutazioni di carattere sostanziale.

Se, dunque, come nel caso concreto, un ricostruzione logica della fattispecie astratta ex lege permette di notare che l'uso, nel testo normativo, di una parola o di una espressione risulti - nonostante le intenzioni del legislatore - privo del relativo valore additivo o specificativo, si deve avere il coraggio di considerare e dichiarare superflua la locuzione o l'espressione.

E' questa la soluzione che, a parere di chi scrive, si dovrebbe adottare in relazione all'avverbio "esclusivamente".

Si deve, infatti, conferire al momento interpretativo un collegamento reale e non fittizio sia con il fatto, che con la norma.

Il fenomeno dell'uso di gruppo deve essere ricondotto - quale genus - nella più ampia speciem della detenzione, ma sempre, con riferimento alla fase dell'acquisto.

La giurisprudenza più avanzata ha, ad oggi, individuato al fine di meglio descrivere l'istituto in parola una serie di elementi che si identificano:

  • nell'accordo preventivo fra tutti coloro che sono interessati all'acquisto,
  • nella certezza (sul piano identificativo) dei membri del gruppo, non potendosi certo surrettiziamente la consistenza numerica dello stesso, creando un effetto di indebita elasticizzazione ampliativa della attività partecipativa,
  • nella circostanza che il soggetto, che operi quale mandatario degli altri, faccia anch'egli parte del gruppo degli assuntori (l'estraneità di questo soggetto al nucleo degli assuntori qualificherebbe la di lui condotta come vera e propria cessione penalmente rilevante),
  • nella considerazione che non si deve ravvisare una pluralità di passaggi, in quanto l'acquisizione deve avvenire da parte del gruppo direttamente, tramite il mandatario intraneus.

La univocità di questi parametri, permette, quindi, di affermare che, in carenza anche di un solo di essi la scriminante dell'acquisto di gruppo per uso personale non deve operare.

Ed allora, ritiene chi scrive, che discutere di sfumature semantiche sia del tutto inutile.

(Altalex, 13 ottobre 2011. Nota di Carlo Alberto Zaina