Balconi aggettanti: sono di proprietà esclusiva, non condominiale

  • 31-03-2011
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Cassazione civile , sez. II, sentenza 05.01.2011 n° 218 da altalex.com

Condòmino e condominio: due lati della stessa medaglia, la parte contro il tutto da essa stessa costituito, sempre a rincorrersi e a pizzicarsi per varie questioni, piccole e grandi, che sul lungo periodo possono cambiare la qualità della vita.

Uno degli argomenti più gettonati, che più di altri suscita acceso dibattito nel contesto condominiale è la natura, privata o comune, dei balconi aggettanti, cioè di quella particolare tipologia di balconi che si caratterizza per avere il piano di calpestio sporgente rispetto alla facciata dello stabile.

Ci si chiede, in particolare, se il balcone aggettante sia un bene condominiale, e, come, tale, suscettibile di essere impiegato per il soddisfacimento di esigenze comuni, oppure no.

Nonostante esista una giurisprudenza pacifica sul punto (peraltro richiamata anche dalla Cassazione nella sentenza in commento) la questione è riemersa con riferimento alla vicenda di un condòmino che si è visto installare, nella parte sottostante del proprio balcone, i contatori condominiali del gas.

Il condomino agiva in via possessoria, contestando l'intervenuta turbativa del possesso per avere il Condominio indebitamente usato del balcone afferente l'unità abitativa di sua esclusiva proprietà; resisteva il Condominio eccependo la mancata evasione dell'onere della prova esistente in capo al ricorrente con riferimento al profilo del possesso esclusivo del bene.

Il Tribunale competente per territorio, in accoglimento della tesi del convenuto, rigettava la domanda.

La sentenza veniva ribaltata in secondo grado: i giudici d'appello, infatti, escludevano l'applicabilità al caso della norma di cui all'art. 1125 c.c. in base all'analisi del contesto concreto di riferimento.

Invero, il balcone dell'attore era ubicato al piano terra ed il fatto che il piano di calpestio del medesimo sormontasse il fosso ed il terrapieno condominiale non modificava la natura privata del bene, posto che, se mai, era il fosso ad svolgere una funzione strumentale rispetto al balcone, impedendo la risalita dell'umidità proveniente dal terreno sottostante.

Investita della questione a cura del Condominio soccombente in secondo grado, la Corte di Cassazione, ribadito, in primo luogo, che l'indagine sul fatto spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici, insegna che:

(a) la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. si basa sul carattere strumentale ed accessorio dei beni ivi indicati rispetto alle unità di proprietà esclusiva dei condomini.

Possono, dunque, dirsi condominiali i beni sono posti a servizio delle singole proprietà e rispondono ad esigenze collettive.

Tale non può certamente essere definito il balcone oggetto di causa, per le ragioni già ampiamente enucleate dalla Corte territoriale alla luce dell'esame del contesto ambientale di riferimento;

(b) parimenti inappropriata è, poi, l'applicazione al caso della norma di cui all'art. 1125 c.c. per due motivi:

1) la norma, prevedendo la comunione del solaio divisorio tra due appartamenti l'uno all'altro soprastanti, regola un aspetto che è totalmente estraneo al caso, il quale riguarda, appunto, per così dire "solai esterni", non "interni";

2) esiste un orientamento giurisprudenziale consolidato, e che la Corte condivide, in base al quale

"i balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell'edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad essi non può applicarsi il disposto dell'art. 1125 c.c.: i balconi aggettanti, pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono".

E, ancora una volta, Davide vinceva Golia.

(Altalex, 10 febbraio 2011. Nota di Marta Buffoni)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 5 gennaio 2011, n. 218

Svolgimento del processo

P.M., proprietaria di un appartamento ubicato al piano terra, facente parte del Condominio ****, agiva in possessorio innanzi al Tribunale di Cuneo, affinchè fossero rimossi dei contatori del gas che il predetto Condominio aveva infisso nella soletta sottostante uno dei balconi della predetta unità abitativa. Il convenuto, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda. Disattesa l'istanza di provvedimenti interinali, con sentenza depositata il 18 novembre 2000, il Tribunale rigettava la domanda, rilevando che, non avendo l'attrice dimostrato il possesso esclusivo, doveva ritenersi il compossesso tra i condomini dell'appartamento sottostante e di quello soprastante della soletta dei balconi in base alla presunzione di cui all'art. 1125 cod. nella specie, poichè doveva escludersi la proprietà esclusiva delle parti sottostanti al balcone che era a ridosso dell'antistante terrapieno, il possesso della soletta spettava al Condominio, proprietario di tutte le parti del fabbricato non appartenenti ai singoli condomini.

 

Con sentenza dep. il 26 luglio 2004 la Corte di appello di Torino, in accoglimento dell'impugnazione proposta dall'attrice, accoglieva la domanda proposta da quest'ultima.

 

I Giudici di appello escludevano che nella specie potesse trovare applicazione l'art. 1125 cod. civ. sul rilievo che il balcone dell'attrice è ubicato a piano terra e la circostanza che copriva di fatto il fosso e il terrapieno condominiale non significava che la sua funzione architettonica fosse anche di copertura della proprietà comune anzi era il fosso che aveva la funzione a favore del balcone di isolare il terreno impedendo i problemi di umidità per risalita.

 

Tenuto conto che non era destinato a utilità comuni, il balcone non aveva altra funzione che quella di prolungare il piano di calpestio della proprietà individuale ed era di proprietà dell'attrice, sicchè illecita era stata l'utilizzazione compiuta dal Condominio che configurava turbativa ex art. 1170 cod. civ..

 

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Condominio **** sulla base di due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso l'intimata.

 

Motivi della decisione

Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, tenuto conto che la notifica del ricorso per cassazione effettuata nel domicilio eletto per il primo grado anzichè a quello eletto nel giudizio di appello è nulla, e non inesistente, in quanto l'atto, pur se viziato, poichè eseguito al di fuori delle previsioni dell'art. 330 c.p.c., commi 1 e 3, può essere riconosciuto come appartenente alla categoria delle notificazioni, anche se non idoneo a produrre in modo definitivo gli effetti propri del tipo di atto; conseguentemente, la costituzione in giudizio comporta la sanatoria con efficacia ex tunc della notificazione (Ord. S.U. 10817/2008).

 

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1117 cod. civ., in relazione all'art. 116 cod. proc. civ., nonchè dei principi generali in tema di prova e di presunzione per omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che nel caso in cui il bene ha natura condominiale, perchè destinato al servizio o al godimento collettivo, sussiste la c.d. presunzione di cui all'art. 1117 cod. civ. con la conseguenza che, come ritenuto dal Tribunale con statuizione invece disattesa dalla sentenza impugnata, che sarebbe stato onere dell'attrice dimostrare la proprietà esclusiva del bene di cui si discute.

 

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1117 cod. civ., in relazione all'art. 116 cod.proc. civ., nonchè dei principi generali in tema di prova per omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza che, nell'escludere la condominialità del balcone, era in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in materia di compossesso della soletta del balcone secondo quanto previsto dall'art. 1125 cod. civ..

 

I motivi, che stante la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, vanno disattesi.

 

La sentenza impugnata ha accertato - nell'ambito dell'indagine di fatto riservata al giudice di merito - con motivazione incensurabile in sede di legittimità se, come nella specie, immune da vizi logici o giuridici , che il balcone dell'attrice, essendo ubicato a piano terra, non svolge alcuna funzione di copertura neppure della sottostante proprietà condominiale, dovendo perciò escludersi che il bene sia destinato al servizio o al godimento collettivo: qui è appena il caso di ricordare che la c.d. presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 cod. civ. si basa sul carattere strumentale ed accessorio dei beni ivi indicati rispetto alle unità di proprietà esclusiva dei condomini. Del tutto fuori luogo è, altresì, il riferimento alla presunzione di cui all'art. 1125 cod. civ., atteso che tale norma prevede la comunione del solaio divisorio fra l'appartamento sovrastante e quello sottostante, ipotesi che evidentemente non ricorre nella specie.

 

Tali osservazioni, essendo assorbenti di ogni altra considerazione, rendono perciò superfluo anche ricordare l'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, che il Collegio condivide, secondo cui i balconi "aggettanti", i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno nè di necessaria copertura dell'edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad essi non può applicarsi il disposto dell'art. 1125 cod. civ.: i balconi "aggettanti", pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. (Cass. 15913/2007; 14576/20046; 637/2000; 8159/1996). Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico del ricorrente, risultato soccombente.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

 

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.800,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

 

testo sentenza